Insiemi, sistemi, figure

Le «cose» che costituiscono il mondo (oggetti, energie, onde, esseri viventi, informazioni, idee, pensieri, sentimenti ecc.)  non sono isolate, ma “correlate” in vari modi. Le relazioni tra due cose possono essere oggettive e soggettive.

Le relazioni oggettive sono “vere” indipendentemente da chi le osserva. Per esempio la gravitazione universale interessa tutte le cose, e da essa dipendono le rispettive posizioni (assolute e relative) e i loro movimenti. Lo stesso si può dire per le relazioni chimiche, che dipendono dalle rispettive strutture atomiche, e la cui eterogeneità è limitata.

Infatti gli atomi che conosciamo sono (soltanto) di circa cento tipi diversi, e anche il numero di possibili molecole è finito. Ne consegue che tra due cose ci sono relazioni di uguaglianza per quanto riguarda alcuni loro componenti o aspetti, e di differenza per quanto riguarda altri componenti o aspetti. Il fatto che due cose abbiano componenti o aspetti più o meno uguali o diversi, influenza il reciproco comportamento, cioè le loro interazioni.

Qualifichiamo come “sistemiche” le relazioni oggettive tra un certo numero di cose allorché queste “interagiscono” scambiando materiali, energie e/o informazioni in modi persistenti e secondo certi “pattern”, laddove ciò che un componente riceve influenza ciò che esso emette.  In tal senso, un “sistema” (vivente o non vivente) è un insieme di cose che interagiscono per un certo periodo di tempo, cioè per la durata di esistenza del sistema stesso.

Le relazioni soggettive, a differenza di quelle oggettive, dipendono totalmente dalla mente del loro osservatore (il “soggetto” della situazione), vale a dire dalle capacità di questo di percepire, memorizzare, riconoscere e richiamare forme (ovvero figure). 

Le relazioni soggettive sono largamente soggette alla percezione di “insiemi” dotati di certe proprietà, per cui ogni membro dell’insieme “comporta” le proprietà dell’insieme a cui appartiene.

La percezione di un insieme avviene secondo i principi che sono stati definiti dalla Psicologia della Gestalt.

Gli insiemi possono essere di vario tipo, tra cui grafici, sonori, cognitivi ecc., e comportano diversi livelli di astrazione. Gli insiemi cognitivi sono oggetto di studio della moderna logica analitica, in cui gli insiemi vengono denominati “classi”.

Per quanto detto sopra, possiamo parlare di insiemi oggettivi e insiemi soggettivi.

Per definizione, gli insiemi oggettivi non possono essere conosciuti da un osservatore oggettivamente, ma solo soggettivamente. Infatti il modo di conoscere di un essere umano “dipende” dalle sue capacità (soggettive per definizione) di percepire, memorizzare, riconoscere e richiamare forme (di qualunque tipo). Possiamo perciò solo auspicare che un insieme soggettivo presente nella mente di un essere umano non sia troppo diverso o incoerente rispetto all’insieme oggettivo che si propone di conoscere. Infatti, mentre gli insiemi oggettivi sono “dati” e reali, gli insiemi soggettivi sono costruzioni della mente, anche se la costruzione avviene a partire da segnali (come le onde luminose) che oggetti reali inviano al cervello del soggetto attraverso gli organi di senso simbioticamente legati al cervello stesso.

La “costruzione” (soggettiva per definizione) di insiemi da parte di un essere umano è particolarmente problematica per quanto riguarda gli insiemi sociali, ovvero la tipologia (= repertorio di tipi) umana in senso intellettuale, etico ed estetico, che è inevitabilmente impregnata di “valori”.

L’uomo tende infatti a costruire categorie (tipi, classi, generi ecc.) di persone e a porre ogni persona in una o più categorie da lui stesso predefinite, con tutti i problemi che tale classificazione può comportare. 

Tuttavia, la classificazione (che implica sempre una generalizzazione, e ogni generalizzazione implica una perdita di informazione), è qualcosa di irrinunciabile per l’uomo, in quanto senza di essa qualsiasi cultura e qualsiasi speculazione filosofica, sarebbero impossibili. 

Quello che l’uomo dovrebbe fare, perciò, non è classificare meno, ma classificare meglio, e soprattutto essere consapevole dei limiti di ogni classificazione.