Ci sono due tipi di appartenenze: quelle indifferenziate e quelle differenziate, e analogamente due tipi di indiemi: quelli indifferenziati e quelli differenziati.
Nell’appartenenza indifferenziata, ogni membro di un insieme si confonde con gli altri, cioè non si distingue significativamente da essi. Per esempio, le patate contenute in un sacco sono praticamente uguali, nel senso che le loro differenze di forma e di dimensione non sono importanti, né significative, per l’uso che si fa dell’insieme e dei suoi componenti.
Nell’appartenenza differenziata, invece, certi membri si distinguono dagli altri in quanto hanno funzioni o ruoli speciali, diversi da quelli altrui, oppure occupano posizioni gerarchiche diverse. Se le diversità possono essere raggruppate in gruppi omogenei, allora si può dire che l’insieme si compone di sottoinsiemi caratterizzati da certi ruoli o posizioni, vale a dire che tutti i membri di uno stesso sottoinsieme hanno posizioni o ruoli uguali.
L’appartenenza indifferenziata è più semplice e meno impegnativa rispetto a quella differenziata, dato che ai membri della prima viene chiesto soltanto di essere tutti uguali, ovvero di assomigliarsi o di imitare l’un l’altro, di fare le stesse cose, di avere le stesse funzioni. Invece l’appartenenza ad un insieme differenziato è problematica sia perché richiede a ciascun membro candidato o effettivo di scegliere o accettare un certo ruolo (che può essere più o meno adatto a sé), sia perché richiede che quel ruolo venga effettivamente espletato come dovuto, con tutti i doveri e le responsabilità che esso comporta.
In conclusione, quando parliamo di appartenenze è importante distinguere di che tipo esse siano, e quali siano i ruoli con i quali si appartiene o si cerca di appartenere ad esse, dato che una persona non può appartenere ad un insieme sociale differenziato senza assumere uno dei ruoli che quell’insieme permette o richiede.